P/73 – Dicembre 2012
ai sacerdoti e ai diaconi
Carissimi Sacerdoti e Diaconi, “vieni Signore, Re di giustizia e di pace!”.
Quest’invocazione, nelle così dette “ferie maggiori” (dal 17 al 24 dicembre), sentiremo più volte risuonare nei ritornelli dei Salmi responsoriali: il nostro Dio, che viene a salvarci, è raffigurato come Re, ossia un Sovrano che ha a cuore la salvezza piena del suo popolo e il cui diritto primo è la “giustizia” attuata a suo beneficio e da cui deriva ogni altro bene, significato e concentrato nei termini “regalità” e “pace”. Da qui, la serie di espressioni che in questi giorni, soprattutto quest’anno, dalla terza domenica di Avvento fino alla vigilia di Natale[1].
Insomma, confesseremo nella preghiera quotidiana, il Signore, Re di giustizia e di pace, Colui che è già venuto, il Veniente, il continuamente Atteso. Lui ogni vero anelito di giustizia piena e ogni desiderio profondo di pace duratura.
In questa lettera di dicembre propongo due riflessioni: la prima mariana, in continuità con il richiamo all’Avvento liturgico in atto; la seconda, di carattere missionario, per accompagnare la visita che i nostri confratelli don Emanuele Pireddae don Francesco Melonistanno effettuando in ogni comunità, prima di partire in Madagascar, alla fine di questo anno pastorale.
1. L’Avvento e la Beata Vergine[2]
Nella preghiera dell’Avvento, quella Eucaristica e della Liturgia delle Ore, la figura della Beata Vergine è quotidianamente presente, sollecita nell’accompagnarci alla celebrazione della Natività del suo Figlio e Nostro Signore Gesù Cristo e del compimento di questa economia storica e del ritorno glorioso di Lui. “Andiamo incontro al Signore che viene”, vigili, oranti, operosi (cfr. Prefazio IIdell’Avvento).
L’Avvento è anche “tempo mariano”, uno dei più adatti per il culto feriale e devoto alla Madre di Dio e della Chiesa. È il tempo che richiama e accentra in sé tutta una serie di eventi celebrativi di carattere mariano. Così, la figura della Beata Vergine, Madre di Dio, si propone come icona e modello dell’autentica preparazione alla celebrazione liturgica del mistero dell’Incarnazione e dell’attesa degli ultimi tempi.
Nella struttura della liturgia di Avvento, la Beata Vergine, ogni giorno è implicitamente o esplicitamente evocata come “termine del Popolo di Dio nell’AT” e come “inizio del Popolo di Dio nella Nuova Alleanza”. A significare questo terminee questo inizio,ecco la Solennità dell’Immacolata Concezione, che proclama la fedeltà di Dio alle sue promesse. La Concezione immacolata della Madre di Dio è l’evento che include la sua verginità e concomitantemente l’annuncio dell’Incarnazione o della venuta del suo Figlio, il Salvatore.
Ma i così detti “giorni mariani” speciali, per il loro riferimento quotidiano, diretto, alla Beata Vergine, sono quelli che intercorrono tra il 17 e il 24 dicembre, quando i brani liturgici del Vangelo fanno esplicito riferimento a Colei che diventerà la Madre di Gesù, specie nella feria del giorno 20 (dicembre), che è una sorta di commemorazione della “salutatio Mariae”, ossia dell’Annunciazione nel tempo di Avvento.
Se andiamo a verificare le tabelle della strutturazione liturgica delle ‘ferie maggiori’ e della ‘domenica mariana’ (cfr. NDM, coll. 201 e 205), che è sempre la IV di Avvento, constateremo come la presenza di Maria in tutto il ciclo Avvento-Natale-Epifania sia più accentuata: si pensi alla festa dell’Immacolata Concezione e successivamente alla Natività di N. S. Gesù Cristo, alla Sacra Famiglia, alla solennità di Maria Santissima Madre di Dio, all’Epifania e, a conclusione del ciclo, alla Presentazione del Signore al Tempio. Tutto ciò non avviene per una qualche devozione indotta dal basso, a livello di pietà popolare, piuttosto per il semplice svolgersi dell’economia della salvezza, secondo il disegno di Dio.
In tale contesto liturgico emergono alcune caratteristiche dell’Avvento o Attesa, così come vissuta da Maria di Nazareth: l’ascoltosignificato dal “fiat”, nella fede obbediente (“ripiena di grazia…ha concepito la carne del Cristo mediante la fede”: S. Agostino, Sermo215,4): l’attesadel Messia: la Vergine, per la fede incondizionata e crescente, incontra la realtà dell’umanità del Verbo, che viene in ogni uomo e per la salvezza di tutti gli uomini; la profeziadella verginità, per la quale Maria più di ogni altro/a consacrato/a, precedente e successivo, ha sperimentato la libertà in pienezzae quel ‘centuplo’ che è il Figlio suo, l’Emmanuele, Dio-con-noi, per sempre; la Chiesa, raffigurata nella Beata Vergine e gli eventi della sua missione di Madre, dal concepimento verginale all’inclusione in Cristo di tutti i salvati. All’origine e nello sviluppo della Chiesa sta la Parola creduta, incarnata e attuata in Cristo, dal cui costato trafitto, ossia in Lui morto e risorto, nasce la Chiesa e per l’effusione dello Spirito inizia la sua missione.
Se esaminiamo la sintesi con cui Benedetto XVI propone alla Chiesa l’esempio di Maria, potremo notare che in quel “per fede” c’è la ragione e la chiave interpretativa della sua vocazione e missione: “Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione (cfrLc 1,38).Visitando Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie che compiva in quanti si affidano a Lui(cfrLc1,46-55).Con gioia e trepidazione diede alla luce il suo unico Figlio, mantenendo intatta la verginità (cfrLc2,6-7).Confidando in Giuseppe suo sposo, portò Gesù in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode (cfrMt2,13-15).Con la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e rimase con Lui fin sul Golgota (cfrGv19,25-27).Con fede Maria assaporò i frutti della risurrezione di Gesù e, custodendo ogni ricordo nel suo cuore (cfr Lc2,19.51), lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo(cfr At 1,14; 2,1-4) (Porta Fidei, 13).
Volendo includere, come augurio natalizio, l’iniziale saluto di pace, aggiungerei che il canto-messaggio degli Angeli: “gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama” (Lc2,14), trova la condizione della piena realizzazione nella Vergine Madre, quale soggetto-strumento nelle mani di Dio per la pace che è e darà il Figlio e quale prima destinataria.
2. Chiesa locale, missione-missioni[3]
Con questo titolo, desidero introdurre e approfondire un tema che, data la scelta della prossima apertura di nostra presenza nelle missioni ad gentes,ci sta accompagnando e ci accompagnerà fino alla partenza di don Emanuele e don Francesco.
Preghiamo, perché questo sia il primo frutto di grazia che è scaturito dalla storia della diocesi e in particolare dalle domande dei due sacerdoti interessati.
La riflessione, appena abbozzata, e che mi auguro abbia un crescente sviluppo nei prossimi mesi, intende offrire il giusto approccio teologico, in chiave ecclesiologica e missionaria.
Parto da ciò che “si dice” e “si sente” circa la scelta dell’apertura di un avamposto missionario per la nostra diocesi. Qualcuno dice che “ha scelto il Vescovo per loro” o “è una loro scelta personale”. Evidentemente, si tratta di modi impropri di dire la Chiesa e la sua missione. I due riferimenti Chiesa locale e missione sono in un rapporto così essenziale, mutuamente intrinseco, che l’esistere dell’una (la Chiesa) si giustifica solo per il suo essere ordinata all’altra e per realizzare il suo fine primario nell’altra (la missione).
Di più, la Chiesa disegnata da Dio fin dall’eternità, tutta consacrata al suo Sposo e tutta santificata dallo Spirito per essere Sposa autentica, prolungamento di Cristo nel tempo, in quanto una e cattolica, non può che essere anche apostolica: perché fondata sugli Apostoli, i primi inviati dal Signore, perché custode fedele del loro insegnamento; perché guidata dai vescovi loro successori, con la necessaria collaborazione dei sacerdoti, e in comunione con il Pastore supremo della Chiesa, il successore di Pietro.
All’origine della missione c’è l’amore trinitario: la storia di carità di Dio Padre, da cui è generato il Figlio e procede lo Spirito Santo (Catechismo della Chiesa Cattolica, 11 ottobre 1992, nn.857-865). Tale storia trinitaria dell’amore di Dio diventa la storia di Gesù, un tutt’uno con la Chiesa. “La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine. Questo piano scaturisce dall’amore nella sua fonte, cioè dalla carità di Dio Padre” (Conc. Ec.co Vat. II, Decreto su L’attività missionaria della Chiesa - Ad gentes, 7 dicembre 1965, n.2).
Il compito soteriologico o salvifico della Chiesa ha oggi il suo punto problematico nella non sempre esercitata armonia tra l’universalità della missione ecclesiale e la sua particolarità storica, ossia il luogo dove essa si incarna. Segreto e strumento per armonizzare le due dimensioni è lo Spirito Santo che “previene visibilmente l’azione apostolica” (l.c.4) e la destina, attraverso la mediazione sacramentale della Chiesa, a tutte le genti (cfr. Conc. Ec.co Vat. II,Costituzione dogmatica su La Chiesa- Lumen Gentium, 21 novembre 1964, n.3; Id., Costituzione pastorale su La Chiesa nel mondo contemporaneo – Gaudium et Spes, 7 dicembre 1965, n.39). Ed è sempre per il dono dello Spirito che i credenti sparsi nel mondo sono in comunione tra loro: “Chi sta in Roma, sa che gli Indi sono sue membra” (LG, 13; S. Giov. Crisostomo, In Io., Hom. 65, 1: PG 59, 361).
In tale contesto della cattolicità si parla, nel citato documento conciliare, per la prima volta, della peculiarità delle Chiese particolari. Qui il concetto di “comunione” si traduce più concretamente in “comunicazione”, ossia in interscambio solidale e – secondo una terminologia cara alla CEI – in “cooperazione tra le Chiese”, a tre livelli: di aiuto materiale, di personale, di tesori spirituali.
Ma chi è la Chiesa particolarese non evento di quella universale, ossia luogo dove è e si visibilizza e attua l’unica Chiesa di Cristo?Sappiamo che nella Chiesa particolare c’è tutta la Chiesa. Così, grazie alla comunione delle Chiese particolari, l’universalità della Chiesa non è un’astrazione, ma un fatto storico, pere tra gli uomini, cone in loro. Non esiste una Chiesa universale se non nell’esserci e realizzarsi delle Chiese particolari. Queste non sono una parte del tutto, ma parte che richiama e contiene il tutto, un po’ come nell’Eucaristia, dove un frammento è tutto il Corpo di Cristo.
Le Chiese locali sono coessenziali, come le Persone divine: esse realizzandosi non si dividono, né si sommano o giustappongono, ma sono semplicemente la manifestazione dell’unica Chiesa di Cristo. E come non c’è altro al di fuori della Trinità, così al di fuori delle molteplici Chiese in comunione e sotto la guida di Pietro, non c’è un’altra Chiesa. La Chiesa locale, allora, è il luogo in cui Dio ama non solo coloro che ad essa appartengono, ma anche tutti gli altri.
In concreto:che la diocesi intenda cooperare con una giovane Chiesa locale dell’Africa, significa che vuole aprire gli occhi su tutta la missione della Chiesa universale, per condividere i bisogni di altre Chiese nella medesima situazione. Certo non è tutto, e sarebbe di fatto impossibile farsi carico di tutte le necessità delle Chiese missionarie; ma la prospettiva di entrare nella mentalità missionaria costringe ad abbracciare le missioni e a mentalizzarsi sulla missione delle nostre comunità cristiane.
Quale, allora, lo stile della missione, sia nella Chiesa turritana che in quella di Ihosy?Non può essere che quello della fedeltà alla memoria di Gesù, ossia lo stile dell’Incarnazione, dell’umiltà e della povertà, dell’attesa paziente del germoglio e della crescita del seme. Uno stile, quindi, profondamente umano ovunque ci si trovi, che impara e lascia le tracce dello Spirito in ogni contesto.
L’altra domanda: quale l’orientamento della missione?L’universalità: sapere di custodire nel cuore credente, come in qualunque angolo del mondo, l’essenziale apertura a tutti e a tutto ciò che di bello, di buono, di onesto, di giusto e di santo c’è nel cuore degli uomini e in ogni contesto etnico. E dall’universalità passare alla reciprocità, ossia al dono di sé, nella gratuità, nella totalità, nella definitività, con interiore libertà, distinguendo bene il necessario dal superfluo.
Quali sono le motivazioni profonde della missione?Sono quelle che, in altri o con gli stessi termini, cita Benedetto XVI: la verità, l’amore, la bellezza. Valori che racchiudono tutto il mistero e la storia di Gesù e che vissuti non si possono trattenere dentro: devi raccontarli. Anzi, devi narrare Gesù stesso.
La missione ad gentesè la missione per eccellenza. Si regge se non è staccata dal mistero di Cristo, presente nel mistero e sacramento che è la Chiesa: dal suo passato, dal suo presente, dal suo futuro; dal suo Vescovo e Presbiterio, dai Consacrati, dai suoi Fedeli, dall’esperienza di ciascuna comunità. In altri termini: da tutto ciò che don Emanuele e don Francesco sono, portano, evocano, ci impegnano ad essere come Chiesa che li ha mandati, e riportano ogni volta che ritornano. “Ritornare,infatti, è importante quanto l’andare”. Essi saranno la prova provata della nostra fede, della nostra preghiera, della nostra generosità, del nostro vivo ricordo per non lasciarli mai soli.
Grazie a tutti voi per come tradurrete in termini di accoglienza fattiva il loro passaggio in ogni comunità. Stanno venendo per dire questo: ossia, innescare un processo virtuoso di missionarietà, per sostenerli ad andare, in modo che ci aiutino a crescere insieme, non senza di loro e loro non senza di noi.
Un ultimo suggerimento pratico: cominciamo a creare un fondo cassa locale e diocesano per sostenere la loro partenza e le prime spese in terra di missione. Basterebbe qualche spicciolo ogni settimana, unitamente alla preghiera.
* * *
È l’augurio che rivolgo non solo a voi, carissimi Sacerdoti e Diaconi, ma a tutti coloro coi quali scambio gli auguri, tratti da PFe riproposti nel cartoncino accluso: “Nell’Anno della Fede, la gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la porta del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto trova compimento nel Mistero dell’Incarnazione di Gesù Cristo, del suo farsi uomo, del suo condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione(PF, 13)”.
(X p. Paolo Atzei, arcivescovo)
[1] “Ecco, il nostro Dio viene a salvare” (ant. Com. III dom. Avvento); “Venga il tuo regno di giustizia e di pace” (18 dicembre, rit. Salmo71); “Nei suoi giorni fioriranno giustizia e pace” (18 dicembre, rit. Salmo71); “Verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge, Cristo Signore, per dirigere i nostri passi sulla via della pace” (cfr. Lc 1,78-79; ant. com. del 19 dicembre); “Ecco, viene il Signore, Re della gloria” (rit. Salmo 23, 20 dicembre); “Re di Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura” (lettura alternativa del 21 dicembre: 1 Lettura: Sof3,16); “Sollevate, o porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche: deve entrare il Re della gloria” (Salmo 23,7; ant. ingresso del 22 dicembre); “Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada e dalle nubi scenda a noi il Giusto; si apra la terra e germogli il Salvatore” (Isaia 45,8; ant. ingresso del 23 dicembre); “Ecco, è giunta la pienezza del tempo: Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo” (cfr. Gal 4,4; ant. ingresso 24 dicembre). [2] cfr. Stefano De Flores e Salvatore De Meo (a cura di), Nuovo Dizionario di Mariologia(NDM), Ed. Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1986, voce Avvento; Stefano Rosso, coll. 185-214; A. Nocent, Celebrare Gesù Cristo. L’anno liturgico 1. L’Avvento, Ed. Cittadella, Assisi 1976, 231-247; T. Colombotti, Maria nella Liturgia delle Ore del tempo di Avvento, in RPL, (1974) 479. [3] Luigi Sartori, La “Lumen Gentium” – Traccia di studio, EMP Padova 1994; Gianni Colzani, Teologia della missione – Vivere la fede donandola, EMP Padova 1996; Relazioni date in ciclostilato nella formazione dei missionari in partenza, nel Centro di cooperazione missionaria di Verona.
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